Risarcimento danni da cose in custodia (ex art. 2051 CC)

Risarcimento danni da cose in custodia ex art. 2051 c.c. e tabelle da utilizzare per il calcolo

Commento all’ordinanza della suprema corte di cassazione n. 32373/2023

La norma di riferimento è l’art. 2051 c.c. secondo cui: “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.

Si tratta di una responsabilità di tipo oggettivo, che fa capo ad un soggetto a prescindere da ogni valutazione circa eventuali profili di colpa del responsabile, per il solo fatto di ricoprire il ruolo di custode della cosa che ha cagionato il danno verificatosi e lo obbliga a risarcire il danno.

Secondo la giurisprudenza maggioritaria il custode è colui che, di fatto, ha la disponibilità del bene, pertanto deve effettuare un efficace controllo ed intervenire tempestivamente in caso di pericolo, al fine di eliminare o attenuare le conseguenze dannose.

Onere della prova

In materia di responsabilità ex art. 2051 c.c. grava sull’attore l’onere di provare il  nesso eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, mentre il custode convenuto, per  liberarsi dalla sua responsabilità, deve dimostrare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, che configuri un fatto imprevedibile ed eccezionale avente carattere causale autonomo, che può essere costituito anche dal comportamento di un soggetto terzo o dello stesso danneggiato.

Cose in custodia e caso fortuito

Come sopra evidenziato, quindi, solo il caso fortuito può sollevare il custode da responsabilità.

In particolare si parla di caso fortuito, quando, nella sequenza degli eventi, si inserisce un fattore esterno di per sé idoneo a produrre l’evento dannoso (cd. caso fortuito autonomo), ovvero nel caso in cui il danno è prodotto direttamente dalla cosa in custodia, ma in conseguenza di un fattore esterno imprevedibile che abbia inciso sulla stessa (cd. caso fortuito incidentale).

L’art. 2051 c.c. e la colpa del danneggiato

Il fattore esterno idoneo a integrare il caso fortuito che esime il custode da responsabilità può essere individuato tanto in un evento naturalistico, quanto in un comportamento dello stesso danneggiato.

Sul punto si richiama la sentenza n. 2483/2018 della Suprema Corte di Cassazione secondo cui: “quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere oggettivamente prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze (secondo uno standard di comportamento correlato, dunque, al caso concreto), tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del suo comportamento imprudente (in quanto oggettivamente deviato rispetto alla regola di condotta doverosa cui conformarsi) nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benché astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale. L’accertamento delle anzidette circostanze materiali, rilevanti ai fini della verifica di sussistenza del nesso causale tra fatto ed evento dannoso, costituisce quaestio facti riservata esclusivamente all’apprezzamento del giudice del merito”.

L’art. 2051 c.c. trova ad esempio applicazione nei casi di insidia stradale, di danni derivanti da omessa manutenzione di un bene condominiale. Ad esempio per omessa impermeabilizzazione del lastrico solare da cui sono derivate infiltrazioni ad un immobile sottostante.

Ordinanza n. 32373/2023 della Suprema Corte di Cassazione

Con l’ordinanza n. 32373/2023 la Corte di Cassazione specifica a quali tabelle il giudice deve fare riferimento per liquidare il danno derivante da cose in custodia.

La sentenza riguarda un caso di caduta della danneggiata causata dall’imprevedibile e non visibile inclinazione di un tombino presente sul manto stradale, da cui sarebbero derivati lesioni personali, ove il i Giudici di I^ e II^ grado avevano ritenuto di applicare le tabelle previste per le cosiddette micropermanenti.

Con il ricorso in Cassazione, la ricorrente ha chiesto la riforma della sentenza, contestando i criteri utilizzati dal giudice dell’appello nella liquidazione del danno, poiché non aveva fatto ricorso ai criteri indicati dalle tabelle del Tribunale di Milano.

Con ordinanza n. 32373/2023, i Giudici di Legittimità hanno accolto il ricorso, ritenendo la doglianza fondata.

Gli Ermellini, hanno rilevato che non era corretta la liquidazione del danno biologico effettuata dal giudice del merito che avevano applicato le tabelle indicate nel d.lgs. n. 209/2005, fonte normativa destinata a trovare applicazione unicamente nei casi di “danni alla persona derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione di veicoli a motore e di natanti” ex art. 139 Codice Assicurazioni Private.

Ciò in quanto nel caso de quo, il danno derivava, non dalla verificazione di un sinistro conseguente alla circolazione di veicoli a motore, bensì, ai sensi dell’art. 2051 c.c., dal legittimo uso di un bene (la strada pubblica) custodito dall’ente convenuto.

La predetta ordinanza, inoltre, ha precisato che i criteri di liquidazione del danno biologico previsti dall’art. 139 c.a.p., per il caso di danni derivanti da sinistri stradali, costituiscono oggetto di una previsione eccezionale, come tale insuscettibile di applicazione analogica nel caso di danni non derivanti da sinistri stradali.

 

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Articolo a cura dell’Avvocato Stefania Nicoletta Costanzo – Sportpress24.com –

 

Avv. Stefania Nicoletta COSTANZO - Cassazionista
Avv. Stefania Nicoletta COSTANZO Cassazionista

Stefania Nicoletta Costanzo, avvocato Cassazionista del foro di Roma, iscritta all’ Albo degli Avvocati dal 2001 e all’Albo speciale degli avvocati Cassazionisti dal 2014. Lo studio si trova in Roma – via Cicerone 49, tel 06/3213357, mail: avvstefaniacostanzo@libero.it.

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