La multiproprietà immobiliare: pro e contro

Normativa e disciplina

L’istituto della multiproprietà è stato introdotto nel nostro ordinamento dal d.lgs. 9 novembre 1998, n. 427, rubricato «Attuazione della direttiva 94/47/CE concernente la tutela dell’acquirente per taluni aspetti dei contratti relativi all’acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili», entrato in vigore il 15 dicembre 1998 e successivamente abrogato dal «Codice del consumo», che ha recepito la normativa europea.

Le norme del predetto decreto legislativo sono poi confluite nel Codice del Consumo Decreto Legislativo 206/2005 (Capo I del Titolo IV).

Tale istituto consiste nell’attribuzione, ad una pluralità di soggetti, del diritto di utilizzo esclusivo e periodico di un medesimo immobile, secondo una turnazione temporale stabilita al momento dell’acquisto, in modo che ciascun titolare abbia la disponibilità esclusiva del bene per quel determinato arco temporale.

La disciplina normativa di tale tipologia contrattuale si trova in fonti europee e in fonti nazionali.

Il D.Lgs. 9-11-1998, n. 427, di recepimento della direttiva 94/47/CE, non fornisce un inquadramento giuridico della multiproprietà – che è ancora oggetto di studio da parte della dottrina-, ma si limita a definire il contratto di acquisto della multiproprietà, senza fornire alcuna indicazione in merito alla natura del diritto.

Secondo Gazzoni, ad esempio, il diritto del multiproprietario è un diritto di godimento individuale e non collettivo ma limitato ad un certo periodo dell’anno, tant’è che questi non può godere del bene a proprio piacimento ma: – deve usarne in modo conforme alla destinazione fissata nel contratto di acquisto, che di solito è quella di abitazione per le vacanze; – non può distruggere o alterare il bene; – deve provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria.

Il multiproprietario può, comunque, limitatamente al proprio periodo di disponibilità, locare il bene.

Il diritto di multiproprietà è trasmissibile per atto tra vivi e per causa di morte.

Nel 2008 il legislatore europeo è intervenuto nuovamente con la direttiva 2008/122/CE sulla “tutela dei consumatori per quanto riguarda taluni aspetti dei contratti di multiproprietà, dei contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e dei contratti di rivendita e di scambio” ed il contenuto della predetta  direttiva è stato recepito in Italia con il decreto legislativo 79/2011 rubricato “Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio che ha apportato delle modifiche al codice del consumo fra cui anche alla definizione di multiproprietà”.

La disciplina attuale del contratto di multiproprietà immobiliare è contenuta nel codice del consumo, il cui art. 69 definisce il contratto di multiproprietà come “un contratto di durata superiore a un anno tramite il quale un consumatore acquisisce a titolo oneroso il diritto di godimento su uno o più alloggi per il pernottamento per più di un periodo di occupazione”. 

La normativa attualmente vigente ha introdotto diverse novità.

In particolare è stato stabilito che il contratto deve avere:

  • una durata di almeno un anno, in precedenza di almeno tre anni;
  • che il soggetto che acquisisce il diritto è un consumatore;
  • che i beni mobili sono individuati negli alloggi;
  • che non è più previsto una durata minima del periodo di godimento dell’immobile ma soltanto che il diritto dev’essere goduto in più periodi.

Inoltre sono state rafforzate le tutele per il consumatore, infatti il II^ comma dell’articolo 69 del codice del consumo statuisce che “Nel calcolo della durata di un contratto di multiproprietà o di un contratto relativo a un prodotto per le vacanze di lungo termine, quale definito al comma 1, rispettivamente alle lettere a) e b), si tiene conto di qualunque disposizione del contratto che ne consenta il rinnovo tacito o la proroga”.

A ciò si aggiunga che, sempre nell’ottica di aumentare le tutele per il consumatore, l’art. 78 del codice del consumo prevede la nullità di clausole del contratto o patti aggiuntivi con cui il consumatore rinuncia ai diritti previsti dalla normativa o si limita la responsabilità dell’operatore.

Il giudice territorialmente competente in caso di controversie in materia è il giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore, se ubicati nel territorio dello Stato.

Tale competenza è inderogabile.

Peraltro, se le parti hanno deciso di applicare al contratto una legge diversa da quella italiana si devono in ogni caso garantire le tutele previste dalla normativa del codice del consumo.

Il rispetto della normativa può essere fatto valere dal consumatore ad esempio rivolgendosi all’Autorità garante della sicurezza e del mercato o all’autorità giurisdizionale, nonché con l’azione di classe come ridisciplinata dalla legge 31/2019.

Il diritto di recesso

Il diritto di recesso è disciplinato dagli artt. 73 e 74 del codice del consumo.

Questo, di norma, è fissato a 14 giorni a partire dal momento in cui il contratto è stato firmato. Vi sono casi, però, in cui il diritto di recesso può essere esercitato per un tempo molto più lungo.

Se ad esempio, il consumatore non riceve un apposito formulario, il diritto di recesso può essere esercitato fino a un anno e 14 giorni dalla firma sul contratto. Oppure fino a 3 mesi e 14 giorni da contare a partire dal momento in cui la documentazione viene fornita, anche se in ritardo.

Si evidenzia che qualora ci si avvalga del diritto di recesso, il consumatore non deve sostenere alcuna spesa. Anzi, eventualmente gli verrà restituita eventuale caparra versata, se previsto nel contratto.

Far valere il diritto di recesso, comporta automaticamente la disdetta di tutti i contratti collegati a quello principale.

Pro e contro

Sul piano economico l’introduzione dell’istituto risponde a fini meramente speculativi. Infatti per il venditore il vantaggio consiste nell’ottenere il massimo profitto stante la vendita a più soggetti di singole porzioni di uno stesso bene ottenendo un ricavato certamente superiore rispetto alla vendita dell’intero immobile ad un solo acquirente.

Per gli acquirenti, invece, il vantaggio si concretizza nel disporre di un posto per le vacanze, sempre uguale e sicuro, senza sopportare gli alti costi di una seconda casa.

Essa spesso con comporta un grosso esborso economico ed ha costi di gestione abbastanza contenuti.

Inoltre vi è la possibilità di scambio dei periodi con altri multiproprietari della stessa struttura, ovvero di altre strutture. Quindi con la potenzialità di andare in altre località grazie alla propria quota annuale, senza sopportare ulteriori costi.

Un problema legato alla multiproprietà, potrebbe essere costituito dalla perdita di controllo sui costi di gestione o in caso di morosità degli altri multiproprietari. In caso di un numero elevato di multiproprietari, sarà difficile creare un gruppo che abbia sufficienti millesimi per poter prendere decisioni nelle assemblee.

E’ importante ricordare che le spese di gestione sono sempre dovute. Indipendentemente dalla circostanza che si usufruisca o meno dei servizi della multiproprietà. Quindi anche in ipotesi il multiproprietario non utilizzi il bene nel periodo stabilito dal contratto.

 

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Articolo a cura dell’Avvocato Stefania Nicoletta Costanzo – Sportpress24.com – (Immagine di copertina a cura della Redazione)

Avv. Stefania Nicoletta COSTANZO - Cassazionista
Avv. Stefania Nicoletta COSTANZO Cassazionista

Stefania Nicoletta Costanzo, avvocato Cassazionista del foro di Roma, iscritta all’ Albo degli Avvocati dal 2001 e all’Albo speciale degli avvocati Cassazionisti dal 2014. Lo studio si trova in Roma – via Cicerone 49, tel 06/3213357, mail: avvstefaniacostanzo@libero.it.

L’avvocato esercita la professione da oltre 20 anni con specializzazione in diritto civile:

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