L’azione di ingiustificato arricchimento

Quesiti:

1) Cos’è l’azione di ingiustificato arricchimento?

 2) Quali sono i presupposti?

3) Chi la può esercitare?

4) Quando si prescrive il diritto all’indennizzo?

L’azione di ingiustificato arricchimento: art. 2041 c.c.

A norma dell’art. 2041 c.c.Colui che si arricchisce senza giusta causa a danno di un altro soggetto, è obbligato, nei limiti dell’arricchimento, ad indennizzare la correlativa diminuzione patrimoniale. Qualora l’arricchimento abbia per oggetto una cosa determinata colui che l’ha ricevuta è tenuto a restituirla in natura, se sussiste al tempo della domanda”.

Si tratta di una disposizione a carattere generale e residuale, i cui presupposti oggettivi sono costituiti: dall’arricchimento di un soggetto e dal conseguente impoverimento di un altro soggetto, dall’unicità del fatto causativo della locupletazione e del depauperamento, dall’assenza di una causa giustificatrice dello squilibrio patrimoniale realizzatosi, dall’inesistenza di un altro rimedio giudiziale messo a disposizione dalla legge.

L’ingiustificato arricchimento comporta, a carico dell’arricchito, un obbligo di indennizzo o un obbligo di restituzione, come previsto dall’art. 2041 c.c. L’obbligo di pagare sorge nel momento in cui si perfeziona la fattispecie dell’arricchimento ma diviene attuale solo al momento della domanda giudiziale. Per il tempo anteriore alla domanda l’arricchito non è tenuto alla corresponsione degli interessi moratori; tuttavia secondo la giurisprudenza sono, invece, dovuti gli interessi c.d. compensativi (cfr. Cass. 12.9.1992, n. 10433). L’indennizzo è determinato nella minor misura tra il valore del bene perduto dall’impoverito o della prestazione lavorativa eseguita e il valore del vantaggio conseguito dall’arricchito.

L’ingiustificato arricchimento rientra tra le fonti di obbligazione che hanno origine dalla legge (Messineo la classifica tra le obbligazioni legali). Tuttavia la sua importanza è molto maggiore di quella che potrebbe avere una singola fonte tipica di obbligazione, come la vendita o la promessa unilaterale, in quanto è espressione di un principio generale del nostro ordinamento, per cui ogni spostamento patrimoniale deve avere una sua giustificazione.

Tale principio è alla base anche della condictio , ma non solo di essa, in quanto numerose altre norme del codice civile sono espressione dello stesso principio, tra cui la gestione di affari altrui.

La condictio, è collocata nel codice prima dell’azione di arricchimento, perché quest’ultima ha carattere sussidiario, cioè sarebbe esperibile solo qualora non esistano altre azioni esperibili da colui che si è impoverito a vantaggio di un altro; tale norma è stata definita da molti una norma di chiusura dell’ordinamento.

Esiste, quindi, nel nostro ordinamento, un principio generale che vieta di arricchirsi a spese altrui senza che vi sia una giustificazione, di cui numerose norme costituiscono un’applicazione particolare.

Natura e generalità

L’azione di arricchimento ingiustificato ha la stessa natura della condictio: è un’azione personale, esperibile, cioè, solo tra i soggetti che sono parte del rapporto che ha causato lo spostamento patrimoniale (Barbero).

Alcuni autori hanno detto che l’azione in questione è un rimedio di equità, la cui concreta determinazione è affidata al giudice.

Altri hanno ritenuto che invece si è ben lontani da un rimedio di equità, in quanto il giudice non deve valutare discrezionalmente se l’arricchimento sia giustificato oppure no, ma deve stabilire se sussista una giusta causa, e tale valutazione va fatta partendo dal sistema legislativo anche se ciò lascia un certo spazio alla discrezionalità del giudice.

La sussidiarietà dell’azione

Secondo la tesi restrittiva, l’azione ha carattere sussidiario, come risulta dall’art. 2042 c.c. secondo cui: “L’azione di arricchimento non è proponibile quando il danneggiato può esercitare un’altra azione per farsi indennizzare dal pregiudizio subito”.

La sussidiarietà viene intesa dalla dottrina e giurisprudenza prevalente, nel senso che se l’ordinamento già appresta – in astratto – un’altra azione per poter rimediare al pregiudizio patrimoniale, l’azione di arricchimento non è esperibile.

Invece secondo un’altra parte della dottrina, la sussidiarietà è un termine che indica che tale azione è sussidiaria (cioè si aggiunge) alle altre, pertanto secondo tale orientamento, l’azione di arricchimento potrebbe essere esercitata anche quando l’ordinamento prevede in astratto altra azione, che non è stata esercitata per ragioni pratiche.

Secondo Bianca, poi, la regola secondo cui l’azione di arricchimento sarebbe esperibile solo ove non vi fossero altre azioni, si giustifica anche con l’esigenza di evitare che questa diventi strumento per eludere le preclusioni e i limiti afferenti ad altri rimedi (come ad es. la prescrizione).

In questo senso si è espressa, di recente, Cass. 18502/2003 e 6205/2013.

Presupposti dell’azione

L’arricchimento e il depauperamento

Come è stabilito espressamente dall’articolo 2041 occorre che una parte si sia arricchita e correlativamente ne sia conseguito un depauperamento dell’altra.

L’impoverimento consiste nel danno patrimoniale arrecato al soggetto che agisce; tale danno può consistere nella perdita di un bene, nella mancata utilizzazione di esso, o nella mancata remunerazione di una prestazione resa ad altri.

L’arricchimento è qualsiasi vantaggio suscettibile di valutazione economica.

L’arricchimento deve essere effettivo, ed è quindi escluso un arricchimento futuro o solo eventuale.

Il nesso di causalità tra arricchimento e depauperamento

Ulteriore presupposto per l’esercizio dell’azione è la sussistenza di nesso di causalità tra l’arricchimento e il depauperamento, ovvero l’arricchimento di una parte deve essere causato direttamente dal depauperamento dell’altra e l’arricchimento ingiusto deve essere unico (non è ammesso, cioè, che possano esserci più cause concorrenti).

L’unicità del fatto causativo

In dottrina e in giurisprudenza ricorre l’affermazione secondo cui il fatto che ha generato l’arricchimento debba essere unico.

Tale impostazione è stata criticata.

Secondo Trabucchi anche un nesso di causalità indiretta potrebbe legittimare l’esperimento dell’azione di arricchimento, purché tra i due fenomeni sussista la relazione di necessità storica, nel senso che si possa dimostrare che l’uno non si sarebbe verificato senza il manifestarsi dell’altro”.

Può dirsi, allora, che anche più fatti potrebbero in teoria concorrere a produrre una fattispecie di arricchimento ingiustificato; l’importante è che tali fatti siano tutti causa dell’arricchimento e del correlativo impoverimento.

La mancanza di una giusta causa dell’arricchimento

Un ulteriore presupposto per l’esperibilità dell’azione è la mancanza di una giusta causa dell’attribuzione.

Non è semplice dare una definizione di giusta causa.

Secondo Bianca, l’arricchimento è senza causa quando è correlato ad un impoverimento che non è remunerato, non costituisce liberalità, e non costituisce adempimento di un’obbligazione naturale.

Secondo Messineo giusta causa = titolo, ragione d’essere dell’arricchimento e del depauperamento. Assenza di causa vuol dire che non vi è un rapporto giuridico patrimoniale che giustifica lo spostamento; lo spostamento patrimoniale deve consistere in un danno.

Quantificazione dell’indennizzo

Per la quantificazione dell’indennizzo si fa riferimento al minor valore tra il lucro conseguito e la perdita subita.

Pertanto l’indennizzo dovuto a chi si è arricchito senza giusta causa a danno di un’altra persona è soggetto ad un duplice limite: quello dell’arricchimento e quello della correlativa diminuzione patrimoniale.

Da ciò consegue che non è l’intero arricchimento che la legge prende in considerazione, ma solo quello che corrisponde ad un danno o pregiudizio subito dall’altro soggetto; di contro, non è l’intero pregiudizio subito che può essere sempre risarcito, ma solo quello che corrisponde ad un profitto o vantaggio dell’arricchito.

Quindi, l’indennizzo deve essere contenuto nei limiti della locupletazione, se questa è inferiore all’altrui impoverimento, e nei limiti dell’impoverimento, anche se l’arricchimento sia maggiore.

La prescrizione

Il nostro Ordinamento Giuridico non specifica quale sia il termine di prescrizione applicabile alla fattispecie in esame, pertanto nel silenzio normativo, si fa riferimento alla prescrizione ordinaria pari a dieci anni decorrenti dal momento in cui è avvenuta la condotta con la quale, una persona si è impoverita mentre l’altra si è arricchita.

Una tesi minoritaria, ritiene invece che l’azione di arricchimento senza causa può essere esercitata anche quando al fine di fare ricorso vengono utilizzati altri elementi.

I dieci anni dovrebbero decorrere dal momento nel quale l’azione principale è stata prescritta.

Per consultare gli altri articoli della rubrica vai sul seguente link:  il parere dell’avvocato

Articolo a cura dell’Avvocato Stefania Nicoletta Costanzo – Sportpress24.com –

Avv. Stefania Nicoletta COSTANZO - Cassazionista
Avv. Stefania Nicoletta COSTANZO Cassazionista

Stefania Nicoletta Costanzo, avvocato Cassazionista del foro di Roma, iscritta all’ Albo degli Avvocati dal 2001 e all’Albo speciale degli avvocati Cassazionisti dal 2014. Lo studio si trova in Roma – via Cicerone 49, tel 06/3213357, mail: avvstefaniacostanzo@libero.it.

L’avvocato esercita la professione da oltre di 20 anni con specializzazione in diritto civile:

Responsabilità Civile – Risarcimento del Danno – Diritto delle Assicurazioni e infortunistica stradale; Responsabilità Professionale medica, di notai, avvocati, agenti immobiliari, ingegneri etc..; Responsabilità da fatto illecito. Si occupa, altresì, di contrattualistica, recupero credito, esecuzioni, controversie di natura condominiale, diritti reali, diritto di famiglia, controversie tra utenti ed operatori telefonici. Inoltre fornisce assistenza sia nella fase stragiudiziale, che giudiziale.

 

 

 

Translate »