Missili a Gedda, Marco Cioci : ” Non c’è serenità, la sicurezza è la prima cosa”

Come si guida a Gedda dopo l’attacco missilistico del 20 marzo e quello di ieri? Con quale concentrazione? La riunione fiume può aver influito sullo stress dei piloti? F1-News ha intervistato in esclusiva Marco Cioci, pilota Ferrari GT, vincitore fra le altre della 24 Ore di Spa e co-fondatore della Top Gun by Pro Racing, opinionista per F1-News.eu per il Mondiale di Formula 1:

“Passiamo da una assurdità all’altra. Dal fatto che giustamente sento prima della partita dell’Italia che adesso è stato deciso che tutte le squadre di calcio si schierassero contro la guerra. Ma questo cosa vuol dire? Dovrebbe essere qualcosa di scontato. Un segnale forte, ma deve essere la normalità. Questo avrebbe dovuto succedere anche nel mondo della Formula 1, da un punto di vista politico. Inutile che facciamo inginocchiamenti per alcune situazioni, poi ti scoppia una guerra al tuo fianco in cui una nazione lancia dei missili contro un’altra nazione e che succede? Quella è una guerra, non è che perché i media non gli danno importanza non va considerata come qualunque altro scenario simile. Detto questo il fatto che la Formula 1 sia cinica lo ha dimostrato in tante altre occasioni, non sta certo a noi scoprirlo. Dal punto di vista di un pilota posso garantire che, comunque sia, la gara non è solo quella dopo il semaforo verde. C’è la preparazione, il dormire sereni, il poter pensare a tutti gli episodi che possono capitare all’interno del Gran Premio. Una gara si comincia a preparare non dico dal giovedì, perché prima si lavora sulla concentrazione dedicata alla messa a punto, ma dal sabato, finita la qualifica. Bisogna fare un giro al massimo e poi pensare alla gara. Come possiamo pensare che i piloti vadano alla ricerca di un decimo quando giustamente con la testa, mentre guidi, ti guardi attorno. Succede in un calo di concentrazione classifica, che uno guardi in punti diversi dal solito, soffermandosi su dettagli non fondamentali. Figuriamoci adesso. Fare una gara in queste condizioni vuol dire guardare avanti, dietro, gli specchietti e di lato la situazione contingente. Basta pensare al team radio di Verstappen in cui ha detto che sentiva puzza di bruciato e l’ingegnere gli ha detto ‘non siamo noi’. Finché non sapevo la situazione si prende l’informazione e lì si ferma, ma ad oggi qualunque tipo di chiamata dai box può dare un messaggio che può deconcentrare il pilota perché lo fa pensare ad altro. Se parliamo poi di sicurezza, anche per un pilota che è in pista e sa che c’è la sua famiglia, gli amici, lo staff, i meccanici, in una situazione di possibile attacco non c’è serenità. In una pista in cui il 90% è nascosto dai muri ed è già particolarmente pericolosa perché se c’è un ostacolo a breve raggio si fa difficoltà a evitare un incidente, un calo di concentrazione potrebbe diventare un ulteriore punto di pericolo. Detto questo, parliamo tanto di messaggi e capisco l’importanza del mercato arabo, la Formula 1 avrebbe dovuto avere il coraggio di riconoscere una situazione instabile. Per rispetto anche alla situazione in Ucraina. Abbiamo tolto le bandiere russe ai piloti russi, non capisco perché qui dobbiamo andare avanti. The Show Must Go On? Ma allora sempre. Inginocchiamenti per Floyd, togliamo le bandiere russe per l’Ucraina, poi tirano un missile a 20 km e si dice “non fa niente, non succede niente”. Si sfiora l’ipocrisia e il grottesco. Speriamo solo a questo punto che sia davvero una gara in sicurezza per tutti, Formula 2 compresa, altre categorie. Non c’è solo la Formula 1. Ci sono tanti piloti che fanno questo lavoro e non possono guidare in condizioni di sicurezza”

Articolo a cura della redazione di Sportpress24.com

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