Alein Iannone, campione italiano ed europeo, membro della nazionale italiana, si racconta in esclusiva: le sue parole
La mia passione nasce ad undici anni quando avevo bisogno di fare sport come la maggior parte dei bambini in quella fascia d’età ed avevo un compagno di classe che praticava questo sport e quindi ho iniziato e non mi sono più fermato. Ho iniziato da piccolo prima in una palestra a Roma, poi in una palestra a Villanova e poi nel 2019 a Marco Simone.
D: E per le spese? Ti sei autofinanziato?
Si, all’inizio con l’aiuto dei miei genitori, poi con gli anni ho iniziato a lavorare ed ormai mi finanzio da solo tutto quanto.
D: quindi non hai nessun aiuto o agevolazione in caso ti serva uno staff, un’attrezzatura particolare ecc?
No, la palestra la pago io, i vari integratori li pago io, il nutrizionista anche. Magari a volte posso prendere degli accordi con un nutrizionista o un negozio di integratori però molto raramente, a volte possono farmi degli sconti fedeltà ma niente di più.
D: A livello di seguito della disciplina invece?
Il seguito molto meno in Italia rispetto ad altre parti perchè in una mentalità come quella italiana regna il calcio quando si parla di sport ma anche a livello di strutture ne abbiamo molte meno rispetto al calcio, però pian piano sta prendendo piede, gli eventi hanno sempre più seguito, ovviamente non è un seguito che potrà mai avvicinarsi a quello del calcio però ci stiamo lavorando.
D: E le istituzioni? Tu sei stato anche in Campidoglio con l’assessore allo sport Onorato, ricevete presenze o un aiuto anche solo per pubblicizzare quello che fate?
Un po’ si perchè si sta espandendo questo seguito e quindi sta arrivando anche all’assessore Onorato che se chiamato si interessa. Nel caso particolare in Campidoglio stavamo organizzando un evento su Roma quindi abbiamo fatto una conferenza stampa in Campidoglio e per avere anche manforte e supporto da parte dell’assessore dello sport, abbiamo contattato Onorato che ha presenziato alla conferenza stampa, dando un supporto più mediatico che altro però stiamo avendo più attenzioni anche da questa parte del mondo e dell’Italia.
D: Come nasce la Muay Thai in Italia e come si attira il pubblico a seguire questo sport?
La Muay Thai ha sicuramente meno seguito di altre discipline come il kick boxing o la boxe perchè non nasce in Italia ma viene esportata dalla Thailandia: ci si può avvicinare per molti motivi.
Ho assistito a molte persone che ci si sono avvicinate semplicemente per praticare uno sport come nel mio caso, per autodifesa nel caso magari delle donne, per passione, passaparola… e poi molte persone sono rimaste perchè si sono appassionate all’accoglienza, all’atmosfera ed alla marzialità perchè si parla di un’arte marziale.
Ti forma anche a livello di carattere ed infatti anche i bambini sotto i dodici anni si stanno muovendo verso di noi in questo senso, anche se poi c’è l’aspetto della preoccupazione perchè pensi sempre che si fa a botte, ci si picchia, ci si fa male e di conseguenza alcune persone si frenano o sono restie.
E poi ci sono persone che continuano semplicemente per la forma fisica, per puro allenamento o che la vedono come un’opzione di sfogo:
andare in palestra, allenarsi e picchiare un sacco. La preparazione è abbastanza completa, per molti è anche un confronto non solo con l’avversario ma con loro stessi, per fare un’attività nuova o per confrontarsi con altre persone.
Un momento di crescita.
D: Cosa diresti a chi pensa o dice che se pratichi una disciplina simile di conseguenza sei più portato alla violenza?
Io lo consiglierei a tutti perchè comunque è un’attività, consiglio sempre di fare sport ma questo è il mio settore anche se consiglio sempre di fare sport in modo sano.
L’aspetto del diventare violento dipende purtroppo da chi ti trasmette e ti insegna questa disciplina perchè ci possono essere tanti insegnanti che non tendono ad insegnare determinati valori a cui invece sono associate le arti marziali
quindi poi si possono verificare episodi violenti, risse in strada dove sono coinvolte persone che praticano questo sport.
Però la maggior parte delle persone che lo pratica veramente, sono persone molto tranquille perchè gli è stato anche insegnato come utilizzare determinate armi ed in determinati contesti.
Per assurdo sono più le persone che si limitano al ring piuttosto che quelle che lo usano in strada o che lo fanno solo per picchiare la gente in giro.
D: Tornando a te nello specifico, com’è stata la prima volta sul ring, la prima esperienza, le emozioni?
Intanto, molti pensano che appena inizi ti prendono e ti buttano su un ring ed è sbagliato. C’è una gavetta, una scalata, dove inizi con delle figure chiamati match light, approcci col ring c contatti leggeri. Il mio primo incontro non fu di Muay Thai ma di pugilato ed avevo 12 o 13 anni. L’emozione si, è tanta, perchè per la prima volta ti ritrovi sul ring a confrontarti con un’altra persona che ha il tuo stesso obbiettivo: picchiare. Io devo picchiare lui e lui deve picchiare me. Ovviamente sempre parlando di canoni sani dello sport.
Poi ho proseguito con questi light fino ad arrivare ad avere un contatto pieno dove si arriva anche a vedere dei KO ma sempre con le dovute precauzioni e protezioni. Il primo match di contatto pieno lo feci a 18 anni e poi da li ho iniziato tutta una serie di incontri con il mio maestro e con l’avanzamento di grado ho deciso di passare al PRO.
Quindi ho tolto le protezioni, c’erano in palio i titoli e si acquisisce anche un altro tipo di professionalità.
Il tuo primo trofeo?
Il primissimo titolo era un titolo italiano dilettanti nel 2021, l’anno successivo al covid dove era difficile allenarsi per via delle restrizioni, non c’erano eventi, contatto e non contatto. Feci una serie di match tra dicembre 2020 fino a giugno 2021 per cui poi ho deciso di partecipare in prima serie ai campionati italiani, mi ero reso conto che c’era stato un miglioramento anche perchè feci 10/12 match e vinsi a Roma. Poi li ho rivinti l’anno successivo. E li ho rivinti anche quello successivo. Quindi sono riuscito a mantenere la costanza.
L’ultimissimo titolo invece è stato quello del novembre 2023 dove vinsi il titolo europeo Thai Fight, una promotion famosa anche in Thailandia di sola Muay Thai e la vinsi nella categoria 67kg contro un francese ai punti. Quello è stato il primo titolo professionisti che ho vinto.
Le Olimpiadi sono finite da poco, c’è un atleta a cui ti ispiri? E possiamo sperare di sentire l’Inno di Mameli per una medaglia conquistata da te?
Ho partecipato ai Giochi Olimpici Europei dell’anno scorso senza medaglia purtroppo ma sicuramente il desiderio sarebbe quello. Poi, purtroppo, la Muay Thai non è ancora inserita del tutto alle Olimpiadi e dobbiamo ancora aspettare anche se non ci sono date precise.
Per quanto riguarda un atleta a cui mi ispiro non ne ho uno in particolare perchè tendo sempre a prende qualcosa da uno o dall’altro. Nel mio caso tendo più ad ispirarmi ad altri atleti di Muay Thai che siano professionistici o dilettantistici, che partecipano a campionati mondiali o europei. Fra i primissimi però c’è Youssef Boughanem, un atleta belga-marocchino che ha vinto tantissimi titoli e a cui mi ispiro sia a livello di mentalità che di stile e che ho avuto la fortuna di conoscere ad un suo seminario.
Ti faccio questa domanda perchè ultimamente ci sono state delle polemiche che hanno toccato alcuni atleti. Ti chiami Alein, ti è mai capitato che qualcuno ti chiedesse se sei italiano?
Si, il mio nome non è italiano, è francese ma devo ammettere che non mi ancora mai capitata questa domanda nè qualcuno ha mai messo in dubbio la mia nazionalità. E’ pur vero che però si tratta solo del nome e quindi potrebbe essere semplicemente una scelta diversa dei miei genitori, ma il cognome è italiano ed anche famoso grazie al pilota.
Per assurdo è successo più all’estero ma comunque io sono nato e cresciuto in Italia e mi presento con la bandiera italiana, parto con la nazionale italiana, mai ipotizzato di partecipare con la nazionale francese nonostante io abbia il doppio passaporto e tutti i documenti per poterlo fare.
Negli stadi di calcio, visto che segui anche quello sport, vediamo spesso vari VIP, istituzioni, politici. Viene qualcuno a vedere anche un match di Muay Thai o dovete invitarli?
No, noi tendiamo ad invitarli anche per farci un po’ pubblicità. Questo da anche la prospettiva del fatto che purtroppo in Italia lo sport è il calcio e basta. Siamo un po’ indietro invece con altri sport e quindi invitiamo anche per farci conoscere e per farci accettare ed apprezzare e per ricevere un altro riconoscimento e più seguito. Però devo dire che non abbiamo mai ricevuto un “no” come risposta, quindi spero che col tempo si raggiunga un seguito più rilevante in Italia.
Pensi che alcuni non vengano perchè facilmente impressionabili all’idea di vedere due persone che si picchiano?
Sicuramente si, alcune persone hanno davvero il timore di poter vedere un KO dal vivo, il fatto che due persone si picchiano, tanti ancora ragionano con una mentalità del “sono gladiatori che si uccidono”. Ma in fondo sono come quelle persone che del calcio dicono che siano “22 imbecilli che corrono dietro ad una palla”. Si va sul ring per combattere e per dimostrare il proprio valore ma sempre con rispetto ed anche per raccogliere i frutti di ciò che è stato fatto in allenamento, a differenza magari proprio del calcio dove mancano alcuni valori.
Farsi male nel calcio non è “normale”, in un match si anche se il farsi male è relativo: io in 10 anni mi sono infortunato 2 volte e per il resto sono dolori di normale amministrazione dove può far male un braccio, un arto, come nel calcio ti fai male ai muscoli dei polpacci per esempio.
Quindi le scene a livello cinematografico con i calci rotanti e sanguinose lotte le escludiamo?
A livello mediatico e cinematografico in realtà si sfruttano queste immagini ad effetto di combattimenti all’ultimo sangue perchè la gente si esalta a vedere quelle scene ma sono scene da sala cinematografica. In realtà noi siamo molto controllati e supervisionati a livello medico, è una disciplina dove può capitare di prendere botte in testa e di conseguenza, a lungo andare, può essere deleterio. In Italia se vai troppe volte KO non ti lasciano più combattere. Poi, per fare spettacolo possiamo anche sfruttare dei match duri, tagli, KO e sangue ma fa parte dello spettacolo. Poi bisogna sottolineare il “dopo”, ovvero la tempestività di ricucire immediatamente un taglio, piuttosto che visitare subito chi va KO secondo procedure sanitarie dove veniamo controllati.
Rimanendo nella vicina Francia che in parte conosci, il Muay Thai viene seguito più o meno dell’Italia?
Assolutamente di più. Ci sono spettacoli ed una cultura degli sport da combattimento che in Italia non esiste: in Francia si organizzano degli spettacoli nei casino che possono arrivare a costare anche 3000 euro a biglietto, in Italia si fa fatica a spendere 20 euro per uno spettacolo simile e poi se ne spendono 60 o 70 per una partita nemmeno di cartello all’Olimpico.
Invece sono mai sorte polemiche durante i test antidoping?
Io essendo affiliato alla FederKombat, riconosciuta anche dal CONI e che si occupa non solo di Muay Thai ma anche di altre discipline, sono stato sottoposto ai test antidoping, principalmente a mondiali ed europei, e durante i mondiali in Turchia dove si viene sottoposti agli esami delle urine ed in seconda battuta a quelli del sangue. Noi seguiamo le regole del CIO e per fortuna non sono mai stati troppi i casi di antidoping in Italia, ci sono stati ma si contano sulle dita di una mano, Non ci sono mai state però polemiche; il regolamento è quello, sia che tu sia un campione affermato sia un atleta che si affaccia ai campionati per le prime volte. Indipendentemente da che livello abbiamo, tutti siamo obbligati a seguire la WADA, per partecipare alle gare devi presentare obbligatoriamente il diploma che certifica che hai partecipato al corso.
In questi anni hai notato una crescita delle donne che si avvicinano a queste discipline principalmente per autodifesa?
Indubbiamente si, ci sono donne e ragazze che iniziano proprio con questa priorità, ovvero l’autodifesa. Poi ci sono alcune che lasciano, alcune che si appassionano ed altre che lo fanno per un discorso di forma fisica. Anche alcune VIP si sono interessate, posso fare l’esempio di Elisabetta Canalis e Juliana Moreira che hanno fatto si che anche altre ragazze si interessino.
C’è anche il falso mito che questi non siano sport per donne, sbagliato, le donne possono tranquillamente praticare questi sport e fare a botte seguendo le stesse regole degli uomini. E poi ci sono anche dei commenti stucchevoli come quelli che una donna non può affrontare un uomo: no, una donna non può affrontare ad armi pari un uomo per motivi naturali, genetici. Un uomo di 63kg non sarà mai come una donna di 63kg perchè hanno una conformazione fisica completamente diversa. Ciò non vuol dire che si sminuisce la donna, anzi.
Anche la mia ragazza lo pratica, partecipa ai mondiali e tutto il resto e se discutiamo vince sempre lei, ma questo è un altro discorso.
Cosa chiederesti a nome della Muay Thai alle istituzioni?
Sicuramente di essere riconosciuti e delle agevolazioni anche per essere più competitivi. In altri Paesi per esempio si può vivere facendo questo, vengono finanziati dallo Stato e possono spendere tutta la loro giornata in palestra. Noi no, anche solo per partire e partecipare a qualche gara o torneo, dobbiamo chiedere diversi giorni a lavoro ed è un problema che limita. Io ad esempio devo studiare, lavorare per finanziarmi ed allenarmi, gli altri pensano solo all’allenamento.
I tuoi prossimi impegni dove ti vedranno?
Il mio prossimo impegno mi vede il 12 ottobre a Bologna per un prestige fight, ovvero un combattimento senza niente in palio e l’avversario sarà un atleta tunisino che è stato campione del mondo 2023.
Ovviamente sarei onorato di avervi li ma appena avrò qualcosa su Roma ve lo farò sapere.
Ringraziando ancora Alein,
Articolo a cura di Michela Catena – Sportpress24.com