Adriano Panatta e Domenico Procacci hanno presentato quest’oggi, durante la rassegna letteraria PordenoneLegge, il libro “Una squadra”.
Domenico Procacci è un produttore cinematografico, sua la “Fandango”, produttore discografico, imprenditore ed editore. Proprio in questo campo ha acquisito la proprietà de “Il tennis italiano”, la più antica rivista di tennis a livello mondiale.
“Volevo saperne di più” ha spiegato Procacci, “Non solo la Coppa Davis del 1976, ma quello che i quattro tennisti hanno realizzato in 10 anni: quattro finali di Davis. Erano la squadra da battere.” Procacci ama talmente il tennis che, dalla fine degli anni 70, ha iniziato a leggere “Il tennis italiano”, al punto che, quando ne ho avuta la possibilità, ne ha rilevato il marchio e la proprietà. Il tutto mantenendo il direttore e lo spirito della rivista, arricchendola con cinema ed articoli di autori appassionati di questo sport come Sandro Veronesi ed Alessandro Baricco. Nella rivista viene anche pubblicato il podcast “La telefonata”. Ironico incontro/scontro tra Adriano Panatta e Paolo Bertolucci.
“La telefonata nasce spontanea, io stuzzico Paolo e lui mi risponde” ha detto Panatta, “Ci prendiamo in giro reciprocamente. Come al solito, io divago su tantissime cose”. Aggiungendo: “Fuori onda minaccio sia Bertolucci che Procacci, gli vieto di tagliare alcune parti, soprattutto quelle sul tennis femminile.”
“Io amo le tenniste intelligenti” ha spiegato Panatta, “queste sono una rarità, la maggior parte di loro tira forte e basta. Jasmine Paolini mi diverte moltissimo, è alta 1,60, ed ha un’arguzia e una tattica fuori dal comune.”
L’ex campione di Roma e del Roland Garros ha dato la sua versione sul tennis maschile attuale: “nel tennis di oggi i tennisti tirano solo forte, vanno a rete solo per dare la mano all’avversario alla fine del match. Sinner, Alcaraz e Djokovic. Ci sono solo loro e basta. Parlando con Bertolucci, mi sono convinto che il numero 30 al mondo gioca il dritto, il rovescio ed il servizio esattamente come i primi tre classificati. La differenza la fa il fatto che i primi tre al mondo riescono a tenere questo ritmo per 4/ 5 ore. Dal quarto in giù, man mano che si va avanti, la tenuta di ritmo è sempre più scarsa e questo fa la differenza.”
“Federer, quando ha smesso di giocare, non ha smesso solo lui, ha smesso anche il tennis! Di Federer, nelle mie possibilità, ho visto tutte le partite. Degli altri Assolutamente no.”
Adriano Panatta ha poi fatto un’analisi sul tennis della sua epoca e quello attuale; “il nostro tennis non c’è più. C’erano i forti e ci sono i fortissimi anche oggi. Il problema è che ogni giocatore ha nel suo staff almeno 10 persone al proprio servizio. Ogni tennista si affida ad un mental coach, una figura che proprio non riesco a concepire. Vi faccio un esempio: per andare al Roland Garros, prendevo un taxi o mi facevo accompagnare, magari da mio padre, sino a Fiumicino. Dopo aver comprato il biglietto, partivo per Parigi e sempre in taxi arrivavo al campo di gioco. Gli organizzatori avevano la bontà, quantomeno, di prenotarci gli alberghi. Una totale differenza tra il nostro tennis e quello attuale. Noi ci divertivamo come matti. Borg, Nastase, Tiriac, Gerulaitis e tanti altri ci facevamo scherzi continui ed eravamo amici. Veramente!.”
In chiusura, Panatta e Procacci hanno convenuto su un fattore: chi vuole fare paragoni tra i te tra gli anni 70 ed oggi non capisce nulla di tennis!
Articolo a cura di Massimiliano Vienna – Sportpress24.com – Foto di Sportpress24.com