Il diritto del convivente “more uxorio” ad ottenere il risarcimento dei danni in caso di morte del compagno

La convivenza “more uxorio” e la prova

Quando si parla di convivenza “more uxorio” si intende una relazione fra due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione”.

Tale materia risulta disciplinata solo in via incidentale dalla Legge Cirinnà n. 76 del 2016 a cui si rimanda.

La prova della convivenza può essere fornita:

  1. documentalmente, ovvero tramite il certificato di stato di famiglia da cui risulta la residenza sotto il medesimo tetto,
  2. la cointestazione di un contratto di locazione o l’acquisto di un immobile insieme, o attraverso la prova testimoniale.
Il risarcimento dei danni in caso di morte del compagno

Per diverso tempo la Suprema Corte (cfr. sentenza n. 4253/12), ha ritenuto che il tessuto normativo del nostro ordinamento (in particolare gli artt. 29, 30 e 31 Cost.) tutelasse esclusivamente la famiglia (anche di fatto) nucleare. Famiglia basata su coniuge, genitori e figli, tra cui vi è una relazione diretta. Negli altri casi vi è solo un legame mediato e di supplenza che deve essere provato in modo rigoroso.

La Suprema Corte con diverse pronunce, fra cui la citata sentenza n. 4253/12, ha ritenuto che la tutela debba essere accordata alle sole posizioni “qualificate”, ritenendo che tale soluzione sia giuridicamente corretta sulla base della configurazione della famiglia, emergente dalla Costituzione come famiglia nucleare; del bilanciamento, che il dato esterno e oggettivo della convivenza consente, tra l’esigenza di evitare il pericolo di una dilatazione ingiustificata dei soggetti danneggiati secondari e la necessità, costituzionalmente imposta dall’art. 2 Cost., di dare rilievo all’esplicarsi dei diritti della personalità nelle formazioni sociali e, quindi, nella famiglia dei conviventi, come proiezione sociale e dinamica della personalità dell’individuo.

Conclude la Corte “la presenza di un dato esteriore certo, a fondamento costituzionale, che elimina le incertezze in termini di prevedibilità della prova caso per caso – della quale non può escludersi la compiacenza – di un rapporto affettivo intimo intenso, si sostituisce, così, al dato legalmente rilevante della parentela stretta all’interno della famiglia nucleare e, parificato a quest’ultimo, consente di usufruire dello stesso regime probatorio, per presunzione della particolare intensità degli affetti, che la giurisprudenza di legittimità ammette per i parenti stretti (da ultimo, Cass. 13 maggio 2011, n. 10527)”.

In subordine, qualora volesse riconoscersi a controparte la legittimazione attiva, poiché provato il rapporto stabile di convivenza, la giurisprudenza in casi analoghi ha  poi precisato che:

«il risarcimento del danno da uccisione di un prossimo congiunto spetta non soltanto ai membri della famiglia legittima della vittima, ma anche a quelli della famiglia naturale, come il convivente more uxorio ed il figlio naturale non riconosciuto, a condizione che gli interessati dimostrino la sussistenza di un saldo e duraturo legame affettivo tra essi e la vittima assimilabile al rapporto coniugale» (Cass. civ., sez. III, sent. 7 giugno 2011 n. 12278).

Ciò però non potrà ritenersi senz’altro soddisfatto solo in presenza della coabitazione, richiedendosi invece che la vittima ed il superstite «abbiano spontaneamente e volontariamente assunto reciproci impegni di assistenza morale e materiale» e che questo vincolo sia dimostrato attraverso un insieme complessivo di elementi «quali, a titolo meramente esemplificativo, un progetto di vita comune, l’esistenza di un conto corrente comune, la compartecipazione di ciascuno dei conviventi alle spese familiari, la prestazione di reciproca assistenza, la coabitazione» (Cass. civ., sez. III, sent., 13 aprile 2018 n. 9178).

Dunque, è onere del superstite allegare e dimostrare l’esistenza di una stabile relazione affettiva. Correlata dalla creazione di condizioni per un comune progetto di vita basato sulla reciproca solidarietà ed assistenza.

E’ notorio che la prova del danno non patrimoniale da uccisione di congiunto non coincide con la lesione dell’interesse protetto e pertanto non è “in re ipsa” trattandosi di perdita, privazione e preclusione che costituiscono conseguenza della lesione dell’interesse protetto.

Non è pertanto danno evento, ma danno conseguenza.

Tale tipo di danno, quindi, deve essere allegato e provato, trattandosi di pregiudizio che si proietta nel futuro facendo riferimento ad elementi obiettivi che sarà onere del danneggiato fornire quali intensità del vincolo familiare, situazione di convivenza, abitudini di vita, età della vittima, singolo superstite

Invero, “ il danno da perdita di un congiunto consiste non già nell’evento della violazione del rapporto familiare in sé e per sé considerato ( danno parentale) quanto piuttosto nelle conseguenze che dall’irreversibile venir meno del godimento del congiunto e dalla definitiva preclusione delle reciproche relazioni interpersonali discendono, all’interno e all’esterno della famiglia ( danno- conseguenza); la cui prova è, secondo la regola ex art. 2697 c.c., a carico del danneggiato” ( Tribunale Torino Sez. IV 21.12.2007 in Redazione Giuffrè 2008)

E’ pertanto onere di chi agisce per ottenere il risarcimento dimostrare le circostanze comprovanti l’alterazione delle loro abitudini di vita a seguito del decesso del compagno.

L’ordinanza n. 8801 del 28.3.2023

Si segnala al riguardo l’ordinanza n. 8801/2023, con cui i Giudici di Legittimità hanno riconosciuto che il diritto al risarcimento del danno, sia non patrimoniale che patrimoniale a seguito di un evento mortale da fatto illecito, debba essere riconosciuto anche al convivente more uxorio, allorquando emerga la prova di uno stabile contributo economico apportato, in vita, dal defunto al danneggiato.

Sul punto, peraltro, la Suprema Corte si era già da tempo espressa (cfr. Cass. civ. n. 23725/2008 e Cass. civ. n. 12278/2011), affermando il principio per cui, qualora nell’ambito di una relazione di coppia stabile, sia raggiunta la prova di un contributo economico regolare fornito dal convivente deceduto al convivente superstite, in capo a quest’ultimo sussiste il diritto al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale.

Nell’ordinanza n. 8801/2023, tale principio viene riaffermato e consolidato, anche mediante il riferimento esplicito alla cosiddetta «legge Cirinnà», che qualifica la convivenza di fatto (ex art. 1 c. 36 della Legge n. 76/2016) come la condizione di due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile, e che presuppone l’esistenza dell’elemento spirituale, di quello materiale o di stabilità, nonché della reciproca assistenza morale e materiale, fondata non sul vincolo coniugale e sugli obblighi giuridici che ne derivano, ma sull’assunzione volontaria di un impegno reciproco.

La Suprema Corte stabilisce, inoltre, che al fine di raggiungere la prova della stabilità della convivenza e della reale contribuzione in vita e anche pro futuro del defunto alla compagna, occorre che, essi non siano presi in considerazione atomisticamente e singolarmente, ma devono essere considerati nella loro unitarietà e nella loro interazione reciproca nel senso che ognuno, quand’anche singolarmente sfornito di valenza indiziaria, potrebbe rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento.

 

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Articolo a cura dell’Avvocato Stefania Nicoletta Costanzo – Sportpress24.com – (Immagine di copertina a cura della Redazione)

Avv. Stefania Nicoletta COSTANZO - Cassazionista
Avv. Stefania Nicoletta COSTANZO Cassazionista

Stefania Nicoletta Costanzo, avvocato Cassazionista del foro di Roma, iscritta all’ Albo degli Avvocati dal 2001 e all’Albo speciale degli avvocati Cassazionisti dal 2014. Lo studio si trova in Roma – via Cicerone 49, tel 06/3213357, mail: avvstefaniacostanzo@libero.it.

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