Roma, Gasperini si presenta: “Ho fatto la scelta giusta, voglio la Champions”

Prima conferenza per il neo-allenatore della Roma Giampiero Gasperini al fianco di Claudio Ranieri a Trigoria.

Sky Sport: il suo rapporto con Friekdin. Le ha chiesto come si fa a stare stabilmente in Champions League? Si è dato una risposta al perché la Roma non sia mai entrata in Champions League in questi anni?

“Chiaramente ho avuto i primi contatti dovuti con Claudio e lui mi ha descritto benissimo per filo e per segno quello che è la realtà di Roma, della squadra e di questa società e le vicissitudini che ci sono state.

Alcune positive ed altre negative in questi anni e poi ho avuto modo di incontrare la proprietà e ho incontrato delle persone che hanno un grande entusiasmo sulla Roma, non so se questo traspare, ma dalle parole che ho avuto io con loro ho detto che loro spendono molto tempo sulla Roma e nei loro pensieri hanno indubbiamente dei progetti ambiziosi che hanno fatto fatica fino a questo momento a raggiungere.

Hanno individuato in me, attraverso Claudio, la possibilità di creare qualcosa di costruttivo e di forte

Ci siamo confrontati anche su quelle che sono un po’ le loro idee, è chiaro che loro sanno benissimo di questa situazione di fair play finanziario e di questi primi due mercati, però è anche una società, una proprietà molto forte che ha intenzione di investire nella Roma, ma di investire bene, in modo un po’ più sostenibile di quello che è stato magari in questi anni precedenti.

Vogliono riportare la Roma in alto e questo mi sembra molto sufficiente per poter avere avuto un’impressione molto favorevole e positiva”.

Rai Sport: che cosa l’ha convinta a venire qui? E quali sono i timori che vede? Roma non è Bergamo…

“Tutti quanti, da quando sono arrivato, mi mettete un po’ in guardia su questa situazione di Roma, di una città difficile calcisticamente dove è complicato raggiungere degli obiettivi, per tutta una serie di motivi, di ragioni.

Credo che questa debba essere una forza, non una debolezza.

Il fatto che voi siete in tanti, poi mi parlano delle radio, poi mi parlano della pressione, però io da fuori vedo un grande entusiasmo, una grande voglia di calcio, una grande voglia di raggiungere obiettivi.

Io penso e credo che tutte queste energie e tutte queste forze vadano probabilmente incanalate nel modo migliore

Se adesso, come dicevate prima, negli ultimi sei anni, o anche in precedenza, ci sono state difficoltà a raggiungere magari degli obiettivi sperati, probabilmente possiamo correggere qualcosa, no?

Possiamo portare qualcosa in una direzione giusta che consenta magari alla Roma di essere più forte, più competitiva, anche perché le energie che si vedono sono straordinarie.

Se il Napoli è riuscito negli ultimi tre anni a vincere lo Scudetto, se Parigi è diventata la capitale d’Europa non più solo per il turismo ma anche per il calcio, cosa che fino a 15 o 20 anni fa non era, probabilmente vuol dire che si può fare anche qui, non solo a Torino, Milano o altrove.

È chiaro che per poterlo fare bisogna costruire in mondo giusto, mettere tutte le situazioni nella spinta giusta

Siccome anche tutti quanti voi siete tifosi della Roma, quindi volete tutti il meglio per la Roma, come del resto lo vuole chi lavora dall’altra parte, se riusciremo a fare questo saremo un po’ più forti”.

TGR: la Roma di Ranieri ha fatto tanti punti e la sua Atalanta ha cancellato il sogno Champions… come si crea il feeling con i tifosi?

“Il feeling con i tifosi, va creato dall’inizio e giorno dopo giorno, è chiaro che è inutile nascondersi: quello che conta sono i risultati.

Poi bisogna capire quali sono i risultati, credo che noi dobbiamo porci prima di tutto l’idea – ed è quello che mi ha spinto veramente in modo forte ad affrontare questa realtà – che possiamo fare qualcosa di giusto, possiamo alzare il livello.

Certo, se parto dai risultati che ha fatto Claudio nelle ultime 22-23 giornate, sono stati straordinari, ma questo significa una cosa: quello che conta più di tutti è la squadra, lui ha dato una dimostrazione fondamentale.

Al di là dei singoli, che sono sicuramente importanti, però gli stessi giocatori che erano in grandissima difficoltà di risultati, riuscendo ad avere un po’ più di atteggiamento anche per la squadra, è stato molto bello anche vedere tutti quelli che erano in panchina, come aiutavano, come spingevano.

Questo è un valore da difendere, da mantenere, ed è la base sulla quale si può fare squadra e con la squadra poi ottenere il meglio.

Non è che si possa, in una piazza come Roma, fare programmi a dieci anni, bisogna essere molto più veloci, molto più concreti

Però è anche vero che bisogna prendere la base di quella che è oggi e cercare di fare da lì un punto e cominciare a far crescere una squadra, sperare e volere fortemente che i tifosi si identifichino in quella squadra:

…per come gioca, per come affronta gli avversari, per come vince

Questo credo che sia il primo punto che mi impongo, poi il resto viene di conseguenza”.

Sportitalia: crede di riuscire a cambiare la fisionomia di un giocatore come Dybala?

“Spero di non cambiarla (ride, ndr). Spero che Dybala stia bene.

Per lui, come per tanti altri giocatori, è chiaro che c’è un prospetto di squadra che deve essere molto identificata in tutti i componenti, come è stata la Roma nella seconda parte, dove tutti spingono nella stessa direzione, al di là dei personalismi.

Poi ci sono i singoli, sui quali, con lo staff e con tutti quanti, ci mettiamo a disposizione per cercare di migliorare un po’ di condizione, un po’ di tecnica, un po’ di tattica, un po’ di personalità.

Se riesci ad alzare il livello anche dei singoli, la squadra ne trova giovamento, questo fa parte del mio lavoro da sempre, forse perché ho fatto anche tanto il settore giovanile, quindi questo mi ha aiutato a lavorare anche sulla prospettiva dei giocatori.

Gli obiettivi sono questi, non ci sono giocatori che non sono adatti a giocare, devono stare bene

Dybala, quando sta bene, è un grande giocatore, quando ha delle difficoltà, anche a voi piace meno; quindi noi dobbiamo cercare di far stare bene i giocatori il meglio possibile”.

Gazzetta dello Sport: cosa pensa di Abraham e Dovbyk?

“Il fatto che spesso molti attaccanti hanno fatto bene con me, forse questo è anche un po’ il mio modo di giocare, perché hanno sempre fatto tanti gol, sono sempre stati tra le squadre più prolifiche, qualche volta anche le prime del campionato.

Questo probabilmente è dovuto anche al modo di interpretare il gioco da parte della squadra.

Questa è una mia caratteristica che vorrei riproporre sicuramente anche qui nella Roma, intanto si parte da quello che c’è e poi dopo tutte quelle che sono valutazioni di mercato e di possibilità di variare le cose verranno prese strada facendo”.

Corriere dello Sport: si parla di un anno di costruzione. Lei sarebbe contento se alla fine della prossima stagione si trovasse dove?

“Penso che il risultato massimo possa essere la qualificazione in Champions, non può essere una Roma in questo momento in grado di vincere lo Scudetto.

Poi, dopo, non si sa mai, però credo che quello sia il traguardo massimo da proporci, ma il traguardo migliore, per me, è quello di rendere questa squadra più forte, con giocatori il più possibile da Nazionale.

Il più possibile internazionali, costruire un nucleo sempre più ampio di giocatori che possano dare continuità a questa squadra e che possano creare il nocciolo duro sul quale, magari il prossimo anno, anche con più disponibilità, poter inserire quelle cose che possono alzare il livello, quei giocatori che in questo momento sul mercato non possono essere ancora trattati, ma che spero e mi auguro che la Roma, nel tempo, possa arrivare a fare.

Questo è il primo programma a cui aspiro: una squadra che crei un nocciolo forte, duro, compatto, di esempio per tutti i nuovi che arrivano, che dia continuità, che dia forza, che dia solidità a una squadra

Se vogliamo, anche con giocatori relativamente giovani – in questo momento relativamente giovani – poi è chiaro che c’è sempre bisogno di un mix, ma che possono dare veramente tanto, perché questo, nella mia esperienza, è quello che poi ha portato a far crescere le squadre.

Anche vendendo magari qualche pezzo, magari la Roma non ne avrà bisogno, non lo so, però può essere una forza anche questa: se hai del valore dentro, se hai dei giocatori che raggiungono una valorizzazione alta, poi ne trae beneficio tutto quanto il movimento”.

Il Messaggero: in passato ha parlato di essere stato troppo accomodante. Ha cambiato idea o è dello stesso avviso?

“Rimango nella stessa idea, quando devi dare subito dei segnali importanti, devi subito portare la gente dalla tua parte.

Poi questo non significa vincere tutte le partite o raggiungere traguardi impossibili, però devi dare un’identità alla squadra e la gente si deve riconoscere un po’ in questa squadra, deve avere fiducia in questa squadra.

Ma non c’è bisogno di dirlo, devi sostenerla, questo l’ho sempre fatto, questa è l’ambizione più grossa, no?

Se tu riesci a creare questa sinergia con il tuo pubblico, con la tua gente, poi superi anche meglio le difficoltà che sono dettate dagli avversari.

Questo è un campionato difficilissimo, se pensate a tutto quello che ha fatto la Roma, ma dietro ci sono squadre che sono fuori dalle coppe, squadre importanti, ci sono altre squadre emergenti che stanno spendendo anche molto per poter risalire.

C’è una corsa, più che allo Scudetto, alle posizioni di Champions, che sono quelle che permettono di distanziarsi ancora di più e di creare un gap con le altre squadre

È evidente che quando entri in una piazza che ha così tanto entusiasmo, devi entrare forte.

Devi entrare forte, ma forte non significa… cioè, quello che ritengo io forte è quello con una squadra che ti segue e crea un ambiente forte.

Se riesci a creare questo – ho già fatto degli esempi prima – ti senti più forte in tutto”.

Corriere della Sera: da qualche anno a Roma c’è un gruppo solido di giocatori, lei ha in mente un mantenimento di questo zoccolo oppure magari si può rinunciare a qualcosa? Paredes parla di un possibile ritorno al Boca… alcuni giocatori sono più sacrificabili di altri?

“Si parte da quello che c’è. C’è tanto già. Poi non possono essere gli stessi, mi aspetto dal mercato che porti qualcosa di diverso, a dei giocatori che creino un nucleo, poi ci sarà un mix.

La Roma deve guardare e aspirare ad avere anche nuove figure che possano portare più in alto la squadra”.

La Repubblica: quali sono le caratteristiche principali dei calciatori che cercheranno in ottica calciomercato?

“Sono pochissime le società che si possono permettere di andare a prendere giocatori già affermati.

I giocatori te li devi costruire molto spesso in casa, devi prendere i giocatori emergenti con la possibilità che possano raggiungere dei traguardi, che possano crescere.

E vedete che, per essere una squadra di alto livello, c’è bisogno di giocatori che raggiungano anche quegli obiettivi, che siano giocatori da nazionale, che siano giocatori internazionali, che nelle coppe siano giocatori di spessore e di valore.

Questo è il programma che si vuole arrivare a fare, a volte anche con giocatori – anzi, molto spesso la necessità è con giocatori – emergenti.

Io ricordo, non so, Mancini, Cristante, per dire due giocatori: in quel momento sono venuti via dall’Atalanta abbastanza presto e sono andati in nazionale

Io vorrei che tutti questi ragazzi, indipendentemente dall’età, il prossimo anno abbiano come obiettivo non tanto difendere quello che hanno fatto fino adesso – che quello comunque rimane, ed è comunque positivo – ma fare la migliore stagione.

La migliore stagione possibile, la migliore stagione della loro carriera, non è ancora arrivato il momento di accontentarsi e di gestirsi, è il momento di raggiungere l’obiettivo migliore, anche se hai trent’anni, anche se non sei vecchio, anche se ne hai ventidue e vuoi scalare delle posizioni.

Questo deve essere un po’ lo spirito. Se riusciamo a mettere tutto questo, abbiamo più chance.

Parto da una base fortunata che è quella che ha fatto Claudio e che è stata la dimostrazione

È stata la dimostrazione di come gli stessi giocatori abbiano avuto un cambiamento di prestazione e di risultati se subentrano quei valori.

Quelli sono i valori veri che ti permettono poi di raggiungere dei traguardi. Sennò il resto è solamente difendere le posizioni e questo non è sufficiente”.

Il Tempo: si è fatto un’idea di come far tornare il sorriso a Pellegrini? In che posizione vede meglio lui e Soulé?

“Pellegrini è un giocatore infortunato, ma il discorso vale per lui, vale per gli altri. Devono avere lo spirito e la mentalità di fare la migliore stagione.

A voi piace Pellegrini quello che calciava, che entrava, che faceva gol?

Magari vi piaceva meno Pellegrini in difficoltà; Soulé è un giocatore offensivo, i giocatori offensivi devono fare gol, fare assist, prendersi rigori, fare un’annata importante con i nostri giocatori d’attacco.

Oggi nel calcio moderno si attacca e si difende, conta essere squadra.

Quello che stiamo vedendo del PSG è straordinario, perso Messi, Mbappé, Neymar ed ha raggiunto traguardi che non aveva mai raggiunto nella sua vita.

Anche con dei ragazzi forti, molto selezionati

Credo che il calcio sia questo. Il Napoli che ha vinto lo Scudetto ha vinto da squadra. Magari ci poteva essere una squadra anche più forte o meno, però è stata una squadra.

E così gli esempi migliori. La Roma stessa è stata una squadra. Questi sono i principi. Non ce ne sono altri. Oggi il calcio cambia, cambia a una velocità che non ce ne accorgiamo. Bisogna saper fare tutto e andare forte.

Il calcio italiano, se ha qualche problema, è che sono tanti anni che non vincevamo. L’Atalanta ha vinto un’Europa League dopo 25 anni che una squadra italiana non la vinceva. È un brutto segnale.

A parte la Conference della Roma

Dal 2011 non riusciamo in Italia a vincere una Champions. Forse dobbiamo toglierci un po’ di luoghi comuni e cominciare a vedere le cose anche in un’altra ottica.

Perché quello che funziona è altro. E quindi dobbiamo andare in quella strada lì, secondo me”.

Leggo: ci racconta il no alla Juventus prima di accettare la Roma?

“Ho avuto la sensazione che questa fosse la strada giusta. Al di là di tutti i rischi che continuamente mi vengono elencati, io ho pensato che veramente questa potesse essere, per la mia carriera, ma anche per il mio modo di esprimermi, per il mio modo di fare calcio e per la possibilità di incidere, doveva essere e poteva essere la situazione giusta, fantastica da poter percorrere.

Quindi ho ragionato su questo. Ho messo davanti questa situazione: sì, va bene, è quello che cerco, è quello di cui ho bisogno in questo momento. E ho la convinzione forte di aver fatto la scelta giusta

Il Romanista: lei è stato l’iniziatore del suo tipo di gioco. Qui è arrivato Juric e non è andato bene, ha capito quali sono stati i problemi? 

“La mia esperienza è diversa, anche se con Juric abbiamo condiviso tanti anni: da giocatore e lui da allenatore, e poi anche un periodo con lui come vice.

Però sono passati anche parecchi anni. Nel frattempo le esperienze sono state diverse. Quello che è vero è che il mio modo di vedere il calcio – ma anche questo negli anni si è evoluto molto – si basa su due aspetti.

Uno: se vuoi aspettare la squadra che perda palla. Due: se vuoi andarla a conquistare

E su questo ci giochi, ma sono validi tutti quanti. Non è che ho visto squadre vincere e perdere giocando sistemi diversi.

Quindi, quella che è la mia caratteristica è che stare senza palla mi dà un po’ fastidio. Preferisco averla io, ma non sempre è possibile, dipende contro chi giochi. E quindi devi sapere fare un po’ di tutto. Se mi chiedi qual è la cosa ideale, è avere la palla noi e andarla a prendere alta.

Però nel calcio devi sapere fare un po’ di tutto e per me è stato un motivo vincente, sicuramente. Però adesso lo fanno in tanti. Ci sono dei grandi cambiamenti anche nel calcio e devi avere una grande duttilità.

E quindi il calcio si evolve sempre

Juric? Non posso sapere, chiaramente. Non posso parlare per lui, di sicuro”.

Area: qual è il suo pregio migliore e il difetto che magari vorrebbe eliminare? Cosa proverà quando incontrerà l’Atalanta da avversario?

“Per fortuna incontreremo l’Atalanta a gennaio, quindi c’è un po’ di tempo (ride, ndr).

La cosa che mi sento di attribuirmi è che lavoro, e che mi piace lavorare, e mi piace

Mi piace lavorare in campo, mi piace quando magari fai qualcosa che poi te la vedi nel giocatore, te la vedi in campo, te la vedi nella proposta. Mi piace convincere i giocatori.

Non ho mai imposto niente ai giocatori, ho sempre cercato di convincerli. Molti risultati che ho ottenuto sono dovuti al fatto che loro hanno tratto giovamento da questo, e quindi hanno fatto poi – e il merito è stato sicuramente loro – dei risultati e delle prestazioni.

Difetti? Faccio fatica.

Forse me la prendo troppe volte, ma non penso sia un difetto neanche questo.

Come pensa di organizzare la preseason? Magari qualche esercizio sui gradoni dato che ha conosciuto Zeman…

“Non ho mai fatto un gradone in vita mia (ride, ndr)! Quando giocavamo al Palermo, Zeman era alla Primavera del Palermo e noi facevamo un mega torello a centrocampo sempre, e i ragazzini della Primavera si giocavano i gradoni.

Allora, anche su questo: intanto non è morto nessuno.

Intanto credo che, come ho detto prima, per noi è importante che i giocatori si divertano e trovino il loro benessere, così come chi va in campo

Abbiamo la fortuna, tutte le mattine, di svegliarci e fare il mestiere che più ci piace, quello che facevamo da ragazzi.

E in più lo fai anche con la Roma, e quindi ti devi sentire molto fortunato. L’allenamento è fondamentale, è un allenamento importante.

È importante per tutte le professioni migliorarsi, e l’allenamento è fatto in funzione di: uno, stare bene; due, cercare di migliorare la tua prestazione. Non può essere un problema allenarsi, deve essere anche un divertimento, perché il gioco del calcio è essenzialmente divertente.

Sono d’accordo su quello che si diceva prima, forse anche sull’esempio di Pellegrini: se non sorridi, non puoi giocare bene a calcio. Io la vedo come un brasiliano in questo.

Un brasiliano triste non può giocare a calcio. E quindi anche un calciatore deve avere sempre un bello spirito.

Probabilmente è così in tutto lo sport

Bisogna avere un bel clima di lavoro, di crescita l’uno con l’altro, di trasmettersi a vicenda le migliori situazioni per potersi migliorare.

È finalizzato a questo il mio lavoro, non ci sono altre cose

Deve esserci anche un bel clima, non può mai essere un clima teso. Deve essere sempre un clima in cui, quando vai a giocare, ci sono sempre avversari molto difficili da superare.

Gli avversari sono quelli fuori, non quelli dentro. E bisogna arrivare sempre con un bello spirito, perché i risultati da ottenere si fanno con molta fatica e sono difficili, e tutti quanti sono ben armati”.

A cura di Edoardo Massetti — Sportpress24.com

Translate »