La querela di falso è un procedimento che serve a far accertare e dichiarare, con processo, la falsità di un atto, di un documento che, in caso contrario, sarebbe pregiudizievole per la parte che intende proporre la querela.
Si può proporre in due modi diversi: in via principale o in via incidentale in qualunque stato e grado di giudizio e fino a che la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato.
La proposizione in via principale avviene quando si intende far accertare la falsità del documento non ancora utilizzato in nessun altro giudizio.
La proposizione in via incidentale, invece, presuppone un procedimento già in corso durante il quale è stato depositato il documento in contestazione.
Nel secondo caso, il giudice deve chiedere alla parte processuale a cui la scrittura privata è favorevole se intende continuare a valersene nonostante la proposizione della querela di falso. Se la parte rinuncia alla sua utilizzazione, la causa continuerà e sarà decisa dal giudice senza tenere in considerazione il documento in oggetto. Altrimenti, il giudice dovrà sospendere il proprio giudizio e disporre l’invio di tutti gli atti al tribunale (riunito in composizione collegiale) affinché decida sulla querela.
Il procedimento sospeso riprenderà una volta che il tribunale abbia deciso sulla querela di falso e in ipotesi l’atto dovesse essere dichiarato falso. Lo stesso non potrà più essere utilizzato quale prova nel giudizio.
Pertanto la querela di falso in via incidentale, avvia un altro procedimento volto solo ad accertare se l’atto è o meno da considerarsi falso.
Chi é legittimato a proporre querela di falso?
Legittimato a proporre querela di falso è “chiunque abbia interesse a contrastare l’efficacia probatoria di un documento munito di fede privilegiata in relazione ad una pretesa che su esso si fondi, non esclusa la stessa parte che l’abbia prodotto in giudizio” (cfr. Cass. n. 3305/1997; Cass. n. 11489/2008).
Spetta al giudice civile ordinario, “cui è devoluta in via esclusiva la cognizione della falsità di un documento (artt. 9 e 221 c.p.c.) verificare la legittimazione e l’interesse ad agire di chi propone la querela di falso, ponendosi detti accertamenti quali necessari presupposti della pronuncia di merito” (Cass. SS.UU., n. 4479/1988).
La querela di falso può essere proposta con atto di citazione o con dichiarazione da unirsi al verbale di udienza, personalmente dalla parte o a mezzo del difensore munito di procura speciale.
Art. 221 c.p.c.
Ai sensi dell’art. 221 c.p.c., la querela deve contenere, a pena di nullità, “l’indicazione degli elementi e delle prove della falsità”; inoltre l’ultimo comma della predetta norma dispone che nel processo per querela di falso è obbligatorio l’intervento del pubblico ministero al fine di tutelare gli interessi generali in tema di pubblica fede e di ricerca dell’autore della falsità.
Ai fini dell’accertamento sulla falsità del documento, il giudice ammette i mezzi istruttori che ritiene idonei e rilevanti.
Art. 225 c.p.c.
La sentenza sulla falsità del documento, secondo quanto disposto dall’art. 225 c.p.c., è pronunciata sempre dal tribunale in composizione collegiale, anche se il processo si svolge innanzi al giudice istruttore, il quale può rimettere le parti al collegio per la decisione sulla querela indipendentemente dal merito.
Il collegio può rigettare la querela di falso, ordinando la restituzione del documento e disponendo che, a cura del cancelliere, sia fatta menzione della sentenza sull’originale o sulla copia che ne tiene luogo, condannando altresì parte querelante a una pena pecuniaria.
Nel caso in cui, invece, il tribunale in composizione collegiale accerti la falsità del documento, dichiara la falsità con sentenza di condanna dichiarata nel dispositivo, nel quale viene ordinata anche la cancellazione totale o parziale dell’atto o del documento, in base alle circostanze, e se è il caso, il ripristino, la rinnovazione o la riforma dello stesso.
La sentenza che decide sulla querela di falso da parte del collegio è soggetta ai normali mezzi di impugnazione anche nei casi in cui “il procedimento di merito nel cui ambito l’atto è stato prodotto sia un procedimento speciale, ovvero abbia come epilogo una sentenza non soggetta ad appello“.
La relativa sentenza, avendo il fine di eliminare ogni incertezza sulla veridicità o meno di un atto, riveste efficacia “erga omnes” e non solo nei riguardi della controparte presente in giudizio (cfr. Cass. Pen. n. 49542/2014; Cass. n. 8362/2000; Cass. n. 13190/2006).
Il disconoscimento della firma
Il disconoscimento consente ad una persona di negare che la sottoscrizione su un documento sia propria.
Secondo la legge, una sottoscrizione si considera legalmente riconosciuta quando:
– è autenticata da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, il quale attesti che la sottoscrizione sia stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell’identità della persona che sottoscrive;
– la scrittura privata è prodotta in giudizio e la parte nei cui confronti è fatta valere è contumace oppure, nella prima udienza o scritto difensivo utile, non l’ha espressamente disconosciuta;
– é accolta la domanda di verificazione, cioè l’azione promossa da colui il quale intende valersi del documento la cui sottoscrizione è stata disconosciuta.
La parte processuale che ha interesse a far valere la scrittura privata, davanti al disconoscimento dell’altra parte, deve indicare i mezzi di prova ritenuti utili e le scritture che possono servire da comparazione con quella disconosciuta (ad es. altre scritture provenienti dalla medesima parte, un documento di riconoscimento da essa sottoscritta, o la procura alle liti conferita dalla parte al proprio difensore).
In questi casi il Giudice nomina un perito calligrafico, il quale, utilizzando le scritture di comparazione indicate dal giudice o dalle parti, dovrà stabilire se la firma è autentica o meno.
In sintesi
Mentre il disconoscimento della scrittura privata serve ad impedire che un documento possa acquistare valore probatorio in tribunale, la querela di falso agisce contro una scrittura privata già riconosciuta, quindi interviene solo se un riconoscimento (tacito o espresso) è già avvenuto.
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Articolo a cura dell’Avvocato Stefania Nicoletta Costanzo – Sportpress24.com – (Immagine di copertina a cura della Redazione)
Stefania Nicoletta Costanzo, avvocato Cassazionista del foro di Roma, iscritta all’ Albo degli Avvocati dal 2001 e all’Albo speciale degli avvocati Cassazionisti dal 2014. Lo studio si trova in Roma – via Cicerone 49, tel 06/3213357, mail: avvstefaniacostanzo@libero.it. L’avvocato esercita la professione da oltre 20 anni con specializzazione in diritto civile: Responsabilità Civile – Risarcimento del Danno – Diritto delle Assicurazioni e infortunistica stradale; Responsabilità Professionale medica, di notai, avvocati, agenti immobiliari, ingegneri etc..; Responsabilità da fatto illecito. Si occupa, altresì, di contrattualistica, recupero credito, esecuzioni, controversie di natura condominiale, diritti reali, diritto di famiglia, controversie tra utenti ed operatori telefonici. Inoltre fornisce assistenza sia nella fase stragiudiziale, che giudiziale. |