di Tiziano Santangeli
É difficile scrivere di Maradona, tutti lo conoscono o hanno sentito parlare di lui ma io mi sento di scrivere qualche parola in piú trovandomi nella terra di Diego.
Tra l’Italia e l’Argentina ci sono 12 mila kilometri di distanza ma c’e Diego in mezzo e quello è tanto.
Qua, in Argentina, a tutti l’italiani ci chiamano “tanos” per “Napolitanos” dovuto all’ondata migratoria che l’Argentina ha accolto a braccia aperte quando il territorio sud-Americano ancora si doveva popolare e la penisola era terra di fame e guerra.
La stessa accoglienza che Diego ha ricevuto a Napoli e tante soddisfazioni ha dato a i suoi tifosi.
Tra le due Nazioni c’è un rapporto storico e culturale ma condividiamo qualcosa in piu: la passione per il calcio.
Qualcuno potrá dire che si tratta di una cosa banale, un semplice gioco, peró il calcio e una cosa molto importante per noi.
In Argentina come in tanti altri paesi si nasce con un pallone in mano, da ogni parte si gioca calcio, la domenica si va allo stadio e si respira calcio in ogni parte del paese peró oggi la palla si ‘e fermata: ‘e morto il piú grande giocatore di tutti i tempi: Diego Armando Maradona.
Non ‘e stato lui ad inventare il calcio, ma é stato il migliore ad interpretarlo e ad affascinare il mondo intero con la sua creativitá.
Diego fu non solo un bravo giocatore ma anche il simbolo politico di tutti coloro che lottano contro i poteri stabiliti e non si arrendono di fronte alla povertá e l’esclusione sociale.
Il “pibe de oro” dalla sua povera Villa Fiorito ha creato un mito mondiale difficile da spiegare senza prima capire il fascino e la passione che produce un gioco come il calcio. Non privo di polemiche, Diego ha vissuto e morto essendo lui stesso un fuoriclasse nel calcio come nella vita.