Finché Gabriele Gravina sarà al timone della FIGC, è difficile immaginare che un tecnico serio, anche senza panchina, accetti di legarsi a una struttura che ha ormai perso credibilità e rispetto.
L’addio di Luciano Spalletti alla guida della Nazionale italiana non è solo la fine di un’esperienza tecnica, ma la conferma di un sistema federale malato.
Spalletti, l’ultimo a crederci
Spalletti ha provato a dare un’impronta alla Nazionale, con onestà e coerenza. Ma si è scontrato con mancanza di supporto, promesse non mantenute e un ambiente politicizzato.
Non è stato semplicemente abbandonato: è stato consumato da una gestione che scarica colpe e non costruisce futuro.
Nessun tecnico vuole farsi bruciare
Oggi ci sono nomi liberi – da allenatori esperti a giovani emergenti – ma nessuno è così ingenuo da accettare un incarico che è diventato una trappola.
I tecnici intelligenti sanno che finire sotto Gravina significa avere poca autonomia, essere messi alla gogna al primo errore, e lavorare senza una visione chiara dall’alto.
Fino all’ultimo Gravina ha provato a convincere Claudio Ranieri, ma l’intelligenza dell’ormai ex tecnico giallorosso, è troppo preparata per accettare un incarico cosi problematico sotto la supervisione di Gravina.
Accettare in questo momento la panchina azzurra, avrebbe significato mettere una macchia indelebile su una carriera importante come quella di Ranieri. Giusto che non abbia accettato!
Dopo Ranieri, arriva il no di Pioli
Stefano Pioli non sarà il prossimo ct della Nazionale. Si è promesso alla Fiorentina e tornerà in Viola dopo 6 anni. A questo punto, dopo il no di Ranieri, per Gravina e i dirigenti federali quale sarà la soluzione più idonea?
Si potrebbe (ri)pensare a Mancini, ma i rapporti con Gravina non sono certo idilliaci dopo il suo addio alla Nazionale. Il CT di Euro 2020 si è praticamente auto-candidato nei giorni scorsi.
Ha dichiarato di essersi pentito della scelta e che, se avesse potuto tornare indietro, avrebbe continuato a guidare gli azzurri.
La scelta del Mancio è graditissima a tutto l’ambiente federale, che lo vede come il candidato ideale.
Ma ci sarebbe da convincere il presidente che non riesce a mandare giù la scelta dell’ex ct di lasciare a Nazionale nell’agosto 2023.
Gli altri nomi sono legati alla suggestione del selezionatore giovane e da un passato azzurro glorioso.
Tipo i campioni del mondo del 2006. Si pensa a Rino Gattuso, a Daniele De Rossi e a Fabio Cannavaro. In Federazione però c’è la perplessità legata alla poca esperienza di tecnici chiamati a un ruolo così complesso.
Il vero nodo è Gravina
Il fallimento della Nazionale non è tecnico, è istituzionale. I risultati non arrivano da anni, eppure il presidente resta intoccabile.
Finché ci sarà lui, la panchina azzurra sarà vista come un rischio, non un onore. Nessun allenatore vuole diventare il prossimo bersaglio, il prossimo “colpevole” designato.
Una Nazionale senza guida e senza appeal
L’Italia ha bisogno di rinascere, ma per farlo deve cambiare chi guida, non chi allena. Senza un cambio al vertice, la panchina azzurra resterà vuota non per mancanza di candidati, ma per mancanza di fiducia.
E questo è il fallimento peggiore per chi dovrebbe proteggere il bene del calcio italiano.
Articolo a cura di Stefano Ghezzi – SportPress24.com