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Processo morte Maradona: secondo i periti non ha ricevuto le cure adeguate

diego armando maradona

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Prosegue in Argentina il processo per la morte di Diego Armando Maradona (scomparso il 25 novembre 2020 all’età di 60 anni). Più si scava a fondo e più emergono dettagli che contribuiscono a far luce sulla prematura scomparsa della leggenda argentina.

Stando a quanto riportano oggi i quotidiani sudamericani, i medici legali che hanno svolto l’autopsia hanno esposto un’informazione chiave sulle condizioni dell’argentino. Quest’ultimi infatti, chiamati dall’accusa a testimoniare contro i sette operatori sanitari accusati di omicidio colposo, hanno fornito un’elemento decisivo. Ossia: Maradona aveva un cuore anormalmente grande e soffriva di cirrosi (malattia cronica del fegato che si sviluppa quando il tessuto epatico viene sostituito da tessuto fibroso). Ma, sopratutto, non presentava tracce di alcol o droghe al momento della sua morte.

Di conseguenza “El Pibe de oro” (morto in una casa alla periferia di Buenos Aires pochi giorni dopo essere stato operato per un ematoma formatosi tra il cranio e il cervello), secondo l’accusa, non avrebbe ricevuto le cure adeguate dall’intero staff medico che lo aveva in cura. Questo, in linea con la tesi accusatoria, ha contribuito alla sua morte.

Il parere forense sul decesso di Maradona

L’esperto forense Alejandro Ezequiel Vega ha dichiarato in tribunale che il cuore di Maradona era più grande della media. Quest’ultimo infatti pesava circa 503 grammi, mentre il peso medio è compreso tra 250 e 300 grammi. Vega ha spiegato che l’esame ha mostrato che l’ex campione del Napoli soffriva di una “ischemia di lunga data”, con una “carenza di flusso sanguigno e ossigeno”. L’autopsia ha concluso quindi che Maradona è deceduto per un edema polmonare acuto secondario a insufficienza cardiaca congestizia o scompenso cardiaco (condizione in cui il cuore non riesce a pompare abbastanza sangue per soddisfare le esigenze del corpo).

Articolo a cura di Marco Lanari – Sportpress24.com

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